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Channel: 5LB Magazine - notizie e 5 Leggi Biologiche
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Farmaci che curano o farmaci che guariscono?

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È consuetudine diffusa assumere farmaci con l'idea che "guariscano un malanno": se traducessimo questa idea nel mondo delle leggi biologiche, significherebbe che il farmaco sarebbe in grado di forzare la fisiologia speciale in normotonia.
Ma i processi fisiologici, così come il ciclo notte-giorno, hanno il loro andamento scritto e necessario, con una Fase Attiva, una PCL-A, una Crisi Epilettoide e una PCL-B, prima di tornare alla fisiologia normale.
Un farmaco non può interferire con il ritmo di questo ciclo naturale.
Invece può interferire, e anche in modo considerevole, con la sua intensità.

Come un faro, che può illuminare artificialmente le tenebre, ma non può impedire che venga la notte.

Qualsiasi farmaco può, infatti, avere un effetto positivo sui sintomi.
Farmaci con effetto vagotonico (come i sedativi) o simpatico-inibente (come la morfina) o con effetto simpaticotonico (come i farmaci steroidei) o vago-inibente (come i farmaci chemioterapici), sono in grado di influenzare direttamente l'intensità della curva bifasica.
Conoscendo la posizione dell'organismo nella curva, è allora possibile accompagnare i processi fisiologici a compimento, limitando i possibili eccessi sintomatici.
Proprio come, camminando nella notte, possiamo aiutarci con una torcia: la notte non sarà per questo più breve, ma avanzare sarà meno faticoso e pericoloso.

I cortisonici, per esempio, in genere tendono a sostenere più in alto la curva durante la PCL, con un'efficacia notevole nell'alleviare i sintomi e quindi nel rendere il percorso più sopportabile, soprattutto in PCL-B e in modo meno incisivo in PCL-A.

Come sappiamo, il curare (cioè il prendersi cura) è in mano all'uomo, ma il guarire (cioè il portare a compimento il processo bifasico) è in mano alla natura.
Per questo motivo, i farmaci vanno considerati strumenti prettamente ed esclusivamente sintomatici (Differenza tra terapia causale e terapia sintomatica).
Tali considerazioni sono note ed esplicite quando si parla di raffreddore, mentre in altre occasioni si tende a dimenticarle.

Processo ai farmaci contro il raffreddore
"Sono 260 i virus che portano mal di gola, occhi rossi, tosse. Per batterli basta il sistema immunitario
Ma abbondano i prodotti contro i sintomi. Dagli spray alle aspirine. Fino a cortisone e antistaminici. Una guida per capire quali servono."


Questa notizia fa eco a una recente revisione di Cochrane sull'inefficacia degli antistaminici contro il raffreddore, i quali, infatti, alleggerirebbero marginalmente i sintomi per i primi 2 giorni (PCL-A) e niente di più.
La stessa notizia ribadisce un concetto che per l'occasione viene circoscritto al raffreddore ma, nel paradigma delle leggi biologiche, sappiamo essere di ben più ampia importanza: 
- per ogni "malattia" non c'è "cura" (qui intesa come "non ci sono farmaci che guariscono").
- i sintomi, quando non sono pericolosi o eccessivamente debilitanti, non andrebbero soppressi ma assecondati.
La notizia: "...per questo tipo di infezioni, la maggior parte delle quali causate da rhinovirus, non c'è cura
Si può solo cercare di rendere sopportabile il decorso naturale
Anche se gli esperti sottolineano che sarebbe bene non sopprimere i sintomi perché sono la reazione del sistema immunitario..."


I migliori anti-dolorifici per accompagnare la PCL-A

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Quali sono i farmaci da banco (acquistabili senza prescrizione medica) più efficaci nel contenere l'intensità di una PCL e quindi nel ridurre il dolore?

Seconda Legge Biologica

Una recente revisione sistematica di Cochrane ha valutato l'efficacia di 21 anti-dolorifici non steroidei, in commercio in diverse formule e dosi.
Sono stati analizzati gli studi sul dolore in seguito all'estrazione del dente del giudizio, un dolore considerato rappresentativo dalla ricerca.

L'analgesico più efficace nel sostenere una PCL dolorosa risulta l'accoppiata Ibuprofene + Paracetamolo, mentre l'Aspirina e il Paracetamolo (assunto da solo) sono piuttosto inefficaci (le frecce rosse indicano i prodotti venduti nel paese in cui la ricerca si è svolta, il Regno Unito).


Cochrane mostra, con questa revisione, che abbiamo a disposizione farmaci molto diffusi ed economici per lenire quei dolori che possono essere eccessivi e debilitanti durante profonde PCL, con particolare riguardo al mal di denti, alle distorsioni e agli stiramenti.
Molto interessante notare che Paracetamolo + Ibuprofene, e Ibuprofene ad azione rapida, hanno dato risultati soddisfacenti soprattutto a basse dosi.
È stato inoltre osservato che bere una tazza di caffè aumenta ancora di più l'effetto analgesico: poichè il caffè è un simpaticotonico, la curva bifasica viene sostenuta nella PCL in modo ancora più energico.
Ci sono stati addirittura meno effetti collaterali con Ibuprofene e Paracetamolo rispetto al placebo (trattamento fittizio).
I risultati sugli effetti collaterali possono essere diversi quando gli analgesici sono assunti in dosi più elevate e per periodi più lunghi di quelli considerati dalla revisione (pochi giorni).

Le informazioni basate sulle evidenze scientifiche che Cochrane ci offre sono molto utili per la vita quotidiana, sia per il paziente che per il medico: nonostante si tratti di medicinali venduti senza ricetta, non sono caramelle ed è bene utilizzarli dietro consiglio medico.

Questi specifici studi non hanno indagato sintomi molto comuni, come le emicranie e i dolori mestruali, per cui le considerazioni fatte non sono a quelli applicabili.
Tantomeno NON sono valide per i dolori cronici, ovvero per quelle curve, che chiamiamo "umane", che mantengono l'organismo in lunghe PCL sospese: è probabile che i farmaci abbiano comunque qualche effetto, ma sappiamo che gli interventi sintomatici non possono essere risolutivi.

Se è vero che i farmaci sono strumenti molto comodi che ci semplificano la vita, è anche vero che il dolore è una risorsa, che va rispettata e non combattuta.
È essenziale e necessario, oggi più che mai, recuperare il valore biologico del dolore.
Quando affrontiamo il dolore cronico, infatti, non stiamo facendo la guerra a qualcosa di esterno: siamo invece in un braccio di ferro, senza via di uscita, con noi stessi. 
Leggi sul dolore come risorsa e sul trattamento del dolore cronico.

'Conflitto', percezione e storia personale

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La nostra modalità di re-agire agli eventi della vita dipende dalla percezione che abbiamo di essi.
In generale possiamo dire che tutti gli eventi sono neutri; ciascuno li colora in base a come li vive soggettivamente.

Applichiamo la nostra storia personale al presente, e tutte le esperienze del presente tendono a prendere quel vecchio colore.
Percepiamo attraverso organi di senso "oggettivi", ma filtriamo le informazioni attraverso le esperienze soggettive già vissute e i sistemi di credenze.

Possiamo facilmente sperimentare di persona che, della realtà che ci circonda fatta di infinite forme, colori, suoni, odori, gusti, materiali, noi cogliamo solo una piccola parte, quella che in genere conosciamo, quella che ci è utile al momento, quella che risuona con i nostri ricordi e vissuti passati e che probabilmente altri non percepirebbero al nostro posto.
E' praticamente impossibile afferrare con la nostra mente cosciente il tutto; registriamo sicuramente molto di più con la nostra parte subconscia ed inconscia, ma portiamo a livello di coscienza solo ciò che ci serve e che riconosciamo come già visto.

E' interessante verificare che, in automatico, selezioniamo o cancelliamo informazioni in base alla personale esperienza.
Guarda l'immagine seguente: se nelle mie esperienze precedenti "ho visto nero", sarò incline a vedere solo le persone che parlano, se invece "ho visto bianco" tenderò a vedere solo le colonnine.


In sintesi, ogni evento che viviamo assume il significato in base a come lo percepiamo; a sua volta la percezione del momento è frutto di esperienze passate, superate grazie a risorse personali a cui abbiamo attinto, che rimangono a disposizione come uno schema fisso. 
In reazione a questa percezione (sentito biologico) si attivano i programmi biologici sensati (SBS) per la sopravvivenza, automatici e già in dotazione, adatti a superare gli eventi e i cambiamenti proposti da un ambiente in continuo mutamento.

Quello che chiamiamo "conflitto biologico", secondo il modello delle 5 Leggi, non avviene quindi per l'evento in sè, ma per la percezione soggettiva di quell'evento, interamente sottomessa alla storia personale.

Il seguente video è un piccolo accenno semplificato sul funzionamento della percezione, estratto dall'intervento "Accenni di epigenetica" al convegno di Salute Attiva Onlus 2015, Milano.


Gemelli, geneticamente identici, innegabilmente diversi

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Due fratelli gemelli hanno gli stessi geni, quindi avranno le stesse malattie genetiche?

Dagli studi che hanno preso in esame coppie di fratelli gemelli eterozigoti e monozigoti (con identico corredo genetico), è emerso che l'attivazione del sistema immunitario, e quindi della predisposizione a determinate patologie, non è determinata, come ci si aspetterebbe, dai geni, ma dalla modulazione della loro espressione da parte di influenze ambientali ricevute dal singolo individuo.

Su un campione di coppie di gemelli di età compresa tra gli 8 e gli 82 anni, è stato fatto uno studio per confrontare più di 200 parametri per lo più "immunologici": è emerso che, nonostante l'identico corredo genetico dei gemelli, ben il 75% di tali parametri è risultato essere diverso nei due individui.
Allo stesso tempo, si è rilevato che la risposta immunologica al vaccino anti influenzale è largamente determinata da fattori NON ereditabili.

L'inaspettata differenza è stata ricondotta alle influenze ambientali.

Tutto ciò dimostra una cospicua natura reattiva ed adattativa del sistema immunitario alle influenze ricevute dall'ambiente.

La notizia:
Per il sistema immunitario l' ambiente conta più della genetica
Mark Davis, autore dello studio:“In alcuni ambienti sembra circolare l'idea che conoscendo la sequenza del genoma di una persona si può prevedere quali malattie avrà tra 50 anni.
[...]Ciò che si trova è che nella maggior parte dei casi, come nella reazione al vaccino dell'influenza o in altri tipi di responsività immunitaria, l'importanza della genetica è limitata o addirittura nulla: è probabile che l'ambiente e l'esposizione individuale ai microbi siano il fattore determinante"

http://www.lescienze.it/news/2015/01/15/news/sistema_immunitario_ambiente_genetica-2445076/

“Variation in the Human Immune System Is Largely Driven by Non-Heritable Influences”
http://www.cell.com/cell/abstract/S0092-8674(14)01590-6


Nei geni è contenuto il codice per creare i mattoni fondamentali dell'organismo: le proteine (strutturali, funzionali, enzimi, globuline...).
L'espressione dei geni si manifesta con la traduzione del codice genetico - contenuto nel DNA - nel codice proteico (sequenza di amminoacidi) - contenuto nelle proteine.
L'attivazione o la disattivazione della loro espressione è determinata dalle informazioni provenienti dall'ambiente, con il fine di produrre quelle specifiche proteine che meglio si adattano al cambiamento in corso.

Quindi, che cosa differenzia i due gemelli nelle loro manifestazioni fenotipiche e fisiologiche, innegabilmente tanto diverse nonostante l'uguaglianza genetica e le medesime condizioni ambientali/familiari/sociali?
Quel 75% di differenza determinato da fattori ambientali, è una proporzione perfettamente coerente con i meccanismi che il modello delle 5 Leggi Biologiche descrive.
È infatti la percezione personale, totalmente soggettiva, l'elemento chiave che, a parità di eventi esterni (stessi genitori, stessi fratelli, stesse condizioni socio-economiche) permette di giustificare le disparità di espressione genetica nei gemelli.
La percezione dell'evento, vissuto in modo improvviso e inaspettato, mette in moto i programmi biologici speciali (SBS) per permettere all'individuo di far fronte all'emergenza vissuta come pericolosa, o anche solo potenzialmente pericolosa, per la propria vita.
E' a questo punto che vengono espressi proprio quei geni che servono a produrre molecole e ad attivare i tessuti degli organi più adatti a superare l'evento.

Se quindi l'espressione dei geni è un EFFETTO della percezione personale e il gene in sè non è più la CAUSA PRIMA di tutto (come la genetica tradizionale sosteneva), può avere ancora senso parlare di componente di rischio genetico nella medicina preventiva, in particolare quella oncologica?
Può avere ancora senso intervenire a priori su una supposta probabilità di manifestare una "malattia" per familiarità, visto che "l'importanza della genetica è limitata o addirittura nulla"? 
Ma soprattutto: possiamo permetterci di non prendere in considerazione i vissuti personali che ciascuno sperimenta in modo soggettivo, quando le reazioni biologiche degli organismi sono così strettamente dipendenti (addirittura per il 75% in individui geneticamente identici!) dalle condizioni ambientali?

Se l'ambiente è il fattore determinante, le 5LB aggiungono alle indagini una risposta precisa a cosa sia questo "ambiente".

Chi volesse introdursi ai principi dell'epigenetica può guardare il video del mio intervento (29 minuti)
Accenni di epigenetica: "L'esperienza piu forte dei geni" presso il Convegno di  Ass. Salute Attiva Onlus a Milano, aprile 2015.

Immagine: Twins, Kate Hoare and Grace Hoare di John Everett Millais

Come un boia che stringe il cappio

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Mi è capitato di incontrare personalità forti, decise, pratiche, persone risolute in tutti gli ambiti della loro vita...eccetto uno: la propria salute. 
In quell'ambito non ci vogliono entrare: tengono duro, non hanno tempo per ammalarsi e se capita un febbrone portano comunque avanti ogni attività tenendo a bada i sintomi con qualche blando farmaco o rimedio acquistabile senza ricetta. 
Se il malessere però si sposta verso una diagnosi importante, in cui viene percepito pericolo per la propria vita, allora reagiamo tutti in modo simile: a prescindere dal temperamento che ci contraddistingue, ci trasformiamo, diventiamo irriconoscibili. 
Il corpo riflette istantaneamente la percezione di smarrimento, impotenza, una disperazione radicata visceralmente. Si incurva su se stesso, appare più basso, lo sguardo si fa perso. 
La paura prende il sopravvento, e questo porta ad annientare tutte le personalità che caratterizzano l'individuo nelle routine quotidiane. 
L'essere umano diventa essenziale, emerge solo la parte più istintiva, biologica, spogliata di ogni altra sovrastruttura. 
Compare l'animaletto spaventato, messo al muro, senza via di scampo. 
Anche il più robusto e tenace si fa piccino, vulnerabile, indifeso, con atteggiamenti e movimenti alterati, non più riconoscibili come suoi propri. Si agglutina su se stesso, incapace di fare le scelte più elementari perché ogni decisione implica uno sforzo insostenibile. In preda ad una paralisi sensoriale ed intellettiva non è in grado di sentire come sta, ma ha bisogno di farselo dire; non è in grado di discernere il meglio per se stesso, ma si affida senza buonsenso né spirito critico a decisioni altrui. 

Che potere ha la paura? 
È come la nebbia che cancella ogni punto di riferimento. 
È in grado di mettere in scacco anche l'essere umano più scaltro, quello che è solito trovare in ogni circostanza avversa la migliore strategia e via di uscita. Con la malattia pare non esserci via di uscita, non ce la fa, è pietrificato, immobilizzato, arenato. 
La paura è il più temibile carceriere che lentamente ti accompagna alla forca, è il più impietoso boia che stringe il cappio. 
La paura di sentirsi gravemente malati uccide inesorabilmente. 

Poter vedere la malattia da un altro punto di vista, come quello che le 5 Leggi Biologiche offrono, allenta le catene, permette di scorgere un orizzonte più ampio e di scoprire che si ha tempo. 
Quando ci concediamo di cambiare prospettiva nell'osservare "il pericolo" o il "nemico", e soprattutto quando riusciamo a non identificarci più con esso, possiamo individuare una crepa nel nostro sistema di credenze e convinzioni, un pertugio verso una nuova via d'uscita...e sentire il cappio allentarsi.

Quando scegli per la tua salute, per chi lo fai?

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Anche se si è circondati da tanto affetto e competenze, nel momento di una scelta importante si è comunque da soli in un confronto con se stessi e, per questo motivo, occorre più che mai essere vigili.
Scegliere e intraprendere un qualsiasi percorso per la propria salute implica un atto di presenza...che non sempre è semplice attuare.
Il medico e i farmaci possono sostenerci in caso di sintomi impegnativi, ma il processo di riparazione lo fa il corpo, lo fa la persona stessa nella sua totalità, in base ai suoi sentiti profondi, in base alle sue credenze e in base ai suoi desideri e intenzioni...che spesso nemmeno lei stessa conosce.

Quando ci approcciamo alle 5 leggi biologiche è importante sentire profondamente (anche con una ricerca personale e domande adeguate di chiarimenti dettagliati per il nostro specifico caso) che la terapia da sola, senza la spinta alla vita, non è in grado di risolvere il proprio problema.
Se mi sento condannato, qualsiasi intervento sarebbe inefficace: per questo gli interventi su alcune persone funzionano e su altre no.
Se la persona non si trova in una tale posizione per sua propria intenzione, ma agisce sulla spinta e il desiderio di qualcun altro (in particolare di amici e parenti), sarà portata a "provarle tutte" con una convinzione solo mentale; anche se "lo vuole" (mentalmente) non avrà la forza di intraprendere alcun percorso con presenza. Rischierebbe di trovarsi ad avere continuamente dubbi che inficerebbero la capacità di discernere cosa sia più utile e funzionale per se stessa, passo dopo passo, e i risultati sarebbero compromessi. 

Proprio per tutte queste delicate implicazioni è fondamentale che sia solo la persona direttamente coinvolta a chiedere informazioni, un confronto, a fare ricerche, mossa dalla propria spinta interiore verso la vita e non per accontentare amici e parenti che, pur essendo molto vicini e nonostante l'amore e tutte le buone intenzioni, non potranno mai conoscere ciò che il soggetto sente profondamente essere il meglio, o il meno peggio, per sè. 
Ancora una volta, se la persona si muovesse con il fine più o meno cosciente di tranquillizzare un caro, verrebbe meno la forza che è necessaria per sentirsi nella direzione giusta e qualsiasi percorso risulterebbe inefficace.
Mettersi in moto per scelta personaleè il primo gradino fondamentale per testare quanto sono disponibile a riprendere le redini della mia vita
...dopotutto sono io il massimo esperto dei miei problemi, chi altri?

La perdita del ciclo mestruale pronta a diventare un'altra 'epidemia sociale'?

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L'eziologia dei processi biologici è oggi generalmente ignota e costretta nel disordine probabilistico dei fattori di rischio. 
In tale disordine le contraddizioni non solo non ci permettono di essere sicuri che stiamo conducendo una vita sana secondo dettami affidabili, ma ci lasciano invece una solida certezza: che, in un prossimo futuro, arriveranno nuovi studi a ribaltare proprio quei dettami fondamentali ai quali, quotidianamente, cerchiamo di attenerci con fatica e, forse, senza motivo (trovi diversi studi di questo genere nella rubrica Fanno bene-fanno male).
Se, per esempio, oggi il governo americano consiglia ai suoi cittadini gli ottimi e salutari grassi saturi e il colesterolo, perchè "indispensabile alla nostra salute [...] rende le membrane cellulari flessibili e ne assicura l'integrità. È inoltre essenziale per la produzione di alcuni ormoni."(Fonte Huffington Post), allora non mi stupirò eccessivamente quando le istituzioni dichiareranno che batteri e virus non fanno male, anzi, vanno salvaguardati.
Nella ricerca eseguita sulla probabilità, pare vero tutto e il suo contrario.

E neanche mi stupisco adesso se, sull'amenorrea (assenza di ciclo mestruale), si "finge" di conoscerne le cause, donando dignità eziologica a ipotetici fattori di rischio, quali l’eccesso di attività fisica, le diete drastiche e l'onnipresente "stress", caratteristico anche "tra le adolescenti, per la sempre più pressante richiesta sociale di prestazioni ad alto livello nei vari ambiti, dalla scuola alle attività comuni"

Adolescenti senza ciclo per stress, dieta ed eccesso di sport
L’età più a rischio è quella tra i 15 e i 25 anni. Fattori socio-ambientali, marcato dimagrimento e reazione alle eccessive richieste sociali fra le cause più frequenti.
Sono sempre di più le adolescenti affette da quella che i ginecologi definiscono una nuova malattia dell’era moderna: la perdita del ciclo mestruale.
Fonte: La Stampa

Se può sembrare un passo avanti il fatto che si consideri la psiche, genericamente intesa con "pressione sociale", un ambito in cui indagare, in realtà siamo ancora a un livello tanto superficiale da rendere persino controproducente tale deduzione.

Le leggi biologiche non ci consentono di fare generalizzazioni e regole sociali approssimative.
Ci permettono invece di scendere dritti alla percezione soggettiva dell'individuo, per rilevare la causa strettamente personale della reazione biologica di un organismo.
La causa per cui una donna, più o meno adolescente, si senta biologicamente "non posseduta"è chiaramente un fatto non generalizzabile ma radicato profondamente nella storia personale.
L'interruzione del ciclo mestruale infatti avviene essenzialmente in due condizioni: quando la donna ha vissuto la perdita di qualcuno in modo tanto intenso da ridurre drasticamente la produzione di ormoni (processo sul tessuto interstiziale delle ovaie) o, molto più di frequente, quando si sente "non presa, non posseduta", non vista (dal papà, dal partner o chi per essi).
In questo senso in certi casi l'attitudine a cercare l'eccesso di attività ad alte prestazioni, come anche una forte perdita di peso, potrebbe essere considerata, più che la causa di una qualche "malattia", l'effetto di un tormentato tentativo di trovare una soluzione.

Per approfondire l'eziologia nel modello biologico delle 5LB, procedi con la lettura alla pagina dedicata.

Quando la TV si arreda a macelleria dell’anima

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Shannen Doherty scoppia in lacrime per la sua malattia, non so quanto vivrò


Metti una attrice famosa, un programma biologico che è l’incubo di ogni donna, e una trasmissione televisiva americana con una potenza di fuoco mediatico colossale.
Esibisci il dolore attraverso spettacolarizzazione della malattia, lacrime e pietismo.
Intimorisci con una cura molto invasiva: se la cura è così terribile e pericolosa, deve significare che la malattia è certamente ancora più terribile e pericolosa.
Esponi un prezzo salatissimo: impedisci a una donna, proprio a causa della cura, di diventare mamma, il sogno della sua vita.
Permetti la partecipazione emotiva di milioni di donne che si stringono intorno al suo dolore.
Mostra una gran voglia di lottare (enunciata), ma lascia trasparire disperazione (effettiva).
Agevola l’immedesimazione con l’attrice, riferimento di tantissime ammiratrici in tutto il mondo.
Lascia che il costo emotivo nutra l’angoscia di uno spettro insopportabile.
Fingi di non conoscere l’effetto nocebo.
Trascina in scena la colpa e la rabbia. Un’altra donna, la ex-manager, non aveva pagato la sua polizza sanitaria, togliendole la possibilità, con tale omissione, di accedere alle cure precoci.
La rabbia,l’ingiustizia e il capro espiatorio.
Lo sfoggio di de-responsabilizzazione alla salute.
L’appello pubblico per la corsa alla diagnosi precoce e l’errore da non commettere mai più.
Il terrore di non fare in tempo, nell’affannosa rincorsa ad un ritardo che è sempre in agguato.
L’augurio dissimulato affinché nessuno finisca mai in quella terra desolata in cui, senza la protezione armata di una azienda assicuratrice, si è inermi in balia di un fato crudele.
Una clessidra inesorabile nella quale non vedi quanta sabbia c’è, il panico di “non so quanto tempo mi resta da vivere”.

Metti tutto questo e hai servita la distillazione della odierna percezione media e mediatica sulla salute: una macelleria per la psiche.
Misura la distanza da quel mondo a qui.

Se guardassimo sobriamente i fatti concreti, osservando i processi biologici e sensati in corso sui tessuti, il panico si ridimensionerebbe, sia per la giovane attrice sia sul lato dell'impatto mediatico.
La spettacolarizzazione della malattia contribuisce, in modo voluto o inconsapevole, ad alimentare emozioni estremamente nocive che producono con assoluta certezza effetti nocebo, sia per il pubblico "malato" che si immedesima senza via di scampo, sia per il pubblico "sano" che vive la minaccia spettrale di un mostro malvagio fuori controllo.
Il cambio di paradigma sul concetto di "malattia"è oggi un vaccino necessario per l'immunizzazione dagli attacchi della comunicazione di massa, che (ad alcuni sembrerà paradossale) hanno un potere epidemiologico molto più reale e concreto di un presunto virus.

Compiere un ribaltamento a 180 gradi di tutto un sistema di credenze non è facile per nessuno e richiede tempo. 
Per cominciare, qualunque cambiamento prende le mosse dalla disponibilità a sperimentare concretamente e di persona altri punti di vista, anche apparentemente impossibili e incongruenti; una disponibilità che non è certamente scontata, perchè non ha alcun diritto di cittadinanza al cospetto di identificazioni (professionali, ideologiche...) e, spesso, necessita di essere passati attraverso un profondo fallimento personale. 

Se, leggendo la notizia, ti è rimasto un po' del sapore di sciagura per una persona che lotta contro una grave malattia, sei ancora molto vicino alla "macelleria dell'anima"e all'odore del sangue sacrificale.
Se invece ti è rimasto un retrogusto malinconico per una persona che lotta contro se stessa, allora benvenuto nel mondo delle 5LB.

Una risposta al caso giudiziario del medico torinese che fa il 'Metodo Hamer'

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Infuria in questi giorni il processo mediatico relativo al medico torinese accusata per via giudiziaria di aver consigliato a una paziente l'interruzione della terapia oncologica in favore del "metodo Hamer" (come dicono i giornali).
Vi proponiamo l'intervista rilasciata da Simona Cella (esperta di comunicazione e di 5 Leggi Biologiche) al quotidiano La Repubblica (solo sul cartaceo del 5 aprile 2016).

Il testo dell'articolo e l'immagine allegata sono il risultato di un colloquio telefonico avvenuto tra Simona e la giornalista della testata, leggermente rimaneggiato e tagliato da La Repubblica per motivi di editing.
Tuttavia risulta la migliore risposta concreta e competente sull'argomento "5 Leggi Biologiche", che non sono una cura, né un metodo, né una terapia.
L'articolo non entra nel merito del fatto di cronaca ma, incorniciato con la schematizzazione di alcuni sintomi e delle percezioni biologiche (prodotta da Simona stessa) fornisce una spiegazione chiara ed esplicita di cosa siano le Leggi Biologiche.

Le parole citate di Simona: "La nostra non è una terapia, ma un metodo diagnostico che spiega al paziente perchè ha avuto quella malattia, come mai è sorta in una certa zona del corpo. 
Non significa negare le cure tradizionali o rifiutare i farmaci e operazioni chirurgiche nel processo di guarigione [...] L'idea di Hamer è stata studiare come si comportano organi e tessuti, in seguito ad una attivazione che avviene a livello emotivo. Se sono sul divano a leggere un libro, e una porta sbatte, al corpo arriva un'allerta che genera un sussulto e un aumento del battito cardiaco. Quando poi mi rendo conto che è stata colpa del vento, tutto torna in equilibrio. [...] 
Il sintomo si produce quando si vive qualcosa di inaspettato e il corpo reagisce in automatico: si attiva una zona del cervello legata a quella situazione, e questo si riflette su un organo. [...] 
Una reazione ancestrale come avviene negli animali. Una mucca a cui hanno tolto un vitello produrrà più latte: è la risposta biologica per salvare il proprio cucciolo. Un meccanismo analogo può verificarsi in una donna. Se, per esempio, un figlio si ammala, la preoccupazione provocherà anche una risposta biologica. Studiando questa relazione, al paziente diamo una spiegazione, un perchè della sua malattia. [...] 
Attenzione, è importante che il medico spieghi al paziente tutto quello che serve per guarire: queste conoscenze sono un'integrazione, non sono una terapia
Chi scopre l'origine della propria malattia si sente più tranquillo: trovare un perchè può evitare una recidiva. Conoscere le 5LB è fondamentale per vivere meglio: ci insegnano a riconoscere perchè il corpo risponde all'emotività, e ci offrono un feedback contino di come stiamo."

Essendoci dei punti resi incompleti e imprecisi dal "taglia e cuci" editoriale, in questo altro articolo è possibile leggere i commenti aggiuntivi di Simona Cella alla sua intervista (clicca qui).



Il caso del medico 'hameriano': un commento di Simona Cella sulla sua intervista a Repubblica

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Comunicare bene è un fatto complicato, richiede il fare attenzione a che effetto genero nell’altro attraverso il linguaggio. Perciò sento la necessità di ringraziare Eleonora Meloni per la sua idea di trascrivere, una dopo l’altra, le parole che avevo effettivamente espresso nell’intervista telefonica.

Mi occupo di comunicazione da molti anni – è il mio mestiere – e di posizione – è il mio piacere.
Mi viene automatico rintracciare in un articolo, tra pensieri apparentemente lineari, quelle parole ipnotiche capaci di trasformare il messaggio di fondo.

Ne ho informato le giornaliste di Repubblica, che hanno saputo ascoltarmi nonostante quanto avessi da dire non fosse né usuale né semplice.
Non credo “correggeranno l’articolo”… ma so che mi hanno inteso. Ringrazio comunque anche loro per aver pubblicato concetti mai trascritti prima d’ora, su una rivista nazionale.

PUNTI DI FORZA, ERRORI E OMISSIONI RINTRACCIABILI NELL’ARTICOLO

1) Le 5LB non sono di per sé una terapia, ma una diagnostica
Danno cioè le informazioni necessarie per comprendere cosa stia succedendo e cosa fare. Sapere non è sinonimo di guarire, ma se non conosci ogni azione diventa un azzardo.

2) Conoscere le 5LB non significa non fare nulla
Un lupo non avrà mai un adenocarcinoma al fegato – mancare del boccone essenziale- grande come un melone, perché fa in tempo prima a morire di fame.
L’essere umano, pur essendo un animale e rispondendo ancora a quegli stessi programmi atavici, piuttosto che modificare il suo comportamento s’intestardisce, e spesso va ben oltre il tempo massimo consentito perché il corpo possa ripristinare, da solo, il suo equilibrio.
Questo significa che,in quel caso, necessita di aiuto medico. Chi sostiene il contrario è folle.

3) Le 5LB sono una mappa per scegliere cosa fare
La connessione tra sintomo e sentito, è una mappa perfetta per guidare l’azione.
Un melanoma enuncia che la persona si è sentita “sporcata, non a posto” nella zona dove si è manifestato. Un melanoma cresce in fase attiva, perciò è sensato operare se la persona continua a “sentirsi sporcata” proprio a causa della sua presenza e il melanoma prosegue a crescere.
Conoscere le 5LB non significa perciò non fare nulla, ma sapere cosa fare.
Mi dispiace davvero che questo esempio non sia stato riportato nell’articolo.

4) Non siamo una setta
Ho ricordato alla giornalista un fatto che, tra l’altro, conosceva già.
Mi sembra fosse il 2006: quasi 6000 firme di persone che chiedevano la verifica scientifica della correttezza delle 5LB, sono state depositate al Ministero della Salute a Roma, insieme al documento firmato dai medici del Comitato Scientifico, che sollecitavano tale verifica, proprio per lavorare in scienza e coscienza…
…Un comportamento un po’ strano per una setta, non vi sembra?
È un peccato che anche questa informazione non sia stata riportata nell’articolo.

5) Hamer non ha teorizzato la genesi psicologica del cancro
Ma ha potuto cogliere come il corpo, le aree del cervello che innervano gli organi e sentito biologico - che noi umani chiamiamo emozione - reagiscano all’unisono, esasperando la normale funzione dell’organo.

6) Non tutti gli stress diventano sintomatici
Occorre rimanere congelati in quel sentito PER DEL TEMPO. Altrimenti il corpo non lavora a sufficienza per produrre poi,nella fase riparativa, dei sintomi evidenti.

7) Le 5LB sono una mappa e non una dottrina
L’esempio del melanoma, sarebbe stato chiarificatore per intendere in modo corretto queste scoperte: non sono una dottrina, delle tesi di cui essere sostenitori, ma delle conoscenze che danno indicazioni precise, dei cartelli stradali sia per la persona che presenta un problema sia per chi le presta aiuto.
Tali conoscenze rendono la persona capace di intendere – cioè di conoscere e valutare - e di volere – cioè di scegliere.
…Non so come mai il fatto che un essere umano abbia dei parametri utili per gestire la sua vita faccia così paura…

8) “Per noi hameriani” [formula trascritta nel testo originale dell'intevista, NDR]
Non ho mai usato il termine "hameriano" , non mi appartiene.
Lo ritengo sciocco e addirittura dannoso poiché coltiva l’idea di doversi identificare in una ideologia mentre la bellezza delle 5 leggi biologiche è che ci guidano proprio a far ritorno verso noi stessi, a riconoscerci come esseri presenti a se stessi, autonomi e autodefiniti.

Buon risveglio a tutti!

Parola d'ordine: INTEGRAZIONE

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Propongo una riflessione su quel fenomeno che è l’insorgere di schieramenti in ogni ambito, dal tema più banale come decidere se fare indossare il grembiule a scuola, al più complesso come scegliere il tipo di intervento a cui aderire quando mi considero “malato”. 
Ci schieriamo da una parte e dall’altra, per decidere cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Ma "giusto e sbagliato" per chi?

La campagna mediatica intorno al caso giudiziario per un medico che non avrebbe eseguito il protocollo, si è trasformata in un processo contro le scoperte del medico tedesco Hamer. È come se un ingegnere costruisse un ponte che poi crollasse e, notizia dopo notizia, l’attenzione e la colpa si rivolgessero alle leggi della fisica che, secondo questa logica, sarebbero fallaci.
Questo tipo di informazione imprecisa e capziosa non consente di costruirsi un‘opinione salda, basata su fatti concreti e provati; eppure eccoci qui schierati, chi a difendere e chi a condannare, non solo il medico torinese del quale non sappiamo concretamente nulla, ma anche le leggi biologiche. Ognuno fermo, inamovibile dalla sua posizione mentre cerca di far prevalere il suo punto di vista, talmente identificato nella propria opinione che non può prestarsi nemmeno all'ascolto del suo interlocutore. 

Rendiamoci conto che, quando ci identifichiamo fortemente in una opinione tanto da arrivare ad essere molesti e provocatori, non lo facciamo perchè siamo cattivi, ma stiamo reagendo a particolari dolori della nostra storia personale, che vanno rispettati.
Una dolorosa esperienza, come la perdita di una persona cara, può farci accanire contro qualcosa (una chemioterapia o una terapia alternativa) rendendoci faziosi. 
In questi casi la reazione è totalizzante e non c’è spazio, né volontà, per accogliere ragioni diverse, arroccati in una opinione che dà un senso a quella ferita ancora aperta. 

Ma nel fermento delirante delle dispute, chiediamoci come possa sentirsi la persona che ha delle difficoltà di salute e sta cercando di trovare la migliore soluzione personale per stare meglio. 
Non sto dicendo che non si debba prendere una posizione o restare neutri per piacere a tutti: non schierarsi, in questo caso, va inteso come "permettere" che ciascun punto di vista (anche se posso non condividerlo) abbia diritto di esistere e di realizzarsi per chi ne è convinto, perché è solo dalle proprie convinzioni profonde che l'individuo trova la forza personale per affrontare le dure prove della vita. 

Per esempio: se ad un nostro caro viene fatta una diagnosi di “adenocarcinoma epatico” e noi, spinti dal giudizio personale su quella parola, spinti da un futuro scenario nefasto che ci immaginiamo sulla base di paure strettamente personali, dessimo il nostro "buon consiglio" di non seguire le terapie proposte perché pericolose, o addirittura mortali, “non seguire la medicina ufficiale, è pericolosa!”... come credete che si possa sentire? Come pensate che possa reagire a livello biologico?
Come minimo sentirebbe di non poter più scegliere, perdendo i propri riferimenti, sentendosi in grave pericolo senza via d’uscita e senza sostegno...oltre al fatto che probabilmente si sentirebbe in dovere di non deluderci. 
In tale circostanza, conoscendo le 5LB, possiamo immaginare con buona probabilità che l’organismo reagisca sensatamente con il "programma del profugo", peggiorando i sintomi? 

Si correrebbe lo stesso rischio se, viceversa, dicessimo al nostro caro di seguire le terapie proposte senza farsi domande, e lasciar perdere tutto ciò che è ritenuto "alternativo" o "complementare" perchè, secondo il nostro parere, solo se seguirà i protocolli ufficiali potremo dire che è stato fatto tutto il possibile che la scienza ha a disposizione.
È probabile che ci sentiremmo a posto con la coscienza in caso di fallimento, oppure che staremmo tranquilli perchè è la strada che avremmo scelto per noi stessi, quella su cui siamo fortemente convinti.
Ma cosa pensiamo che possa provare questa persona se, dentro di sé, sente di voler affrontare il suo problema di salute con strumenti diversi dal convenzionale e invece ci trova in opposizione, senza il nostro appoggio in un momento cosi delicato della sua vita? 
Come reagirebbe la sua biologia?

E come si sentirebbe chi si trovasse in queste esperienze nel leggere anche solo in internet posizioni categoriche e assolutistiche?

In tutti i casi, senza rendersi conto, la persona si sentirebbe in estremo pericolo, in mezzo a cose “giuste e sbagliate”, cose “che non si devono fare assolutamente”, privato della possibilità di comprendere con lucidità cosa può in quel momento essere il meglio (o il meno peggio) per lui. 

Non c’è una verità unica e universale, che funzioni per tutti allo stesso modo. 
I protocolli, che siano convenzionali o "alternativi", ne sono un concreto e valutabile esempio: ogni tipo di intervento terapeutico ha avuto almeno un fallimento e almeno un successo, così per alcuni funziona, per altri no. Questo mostra che non esiste la terapia definitiva, efficace in assoluto per tutti (esistono solo probabilità di efficacia).

La convinzione che un intervento sia meglio di un altro è frutto della nostra storia personale, una sacra credenza, che però vale solo per noi ed è giusto applicarla al nostro caso. 
Il riconoscimento ed il rispetto delle convinzioni di ciascuno è il primo passo per essere di aiuto, perchè esse sono il risultato di un bagaglio di esperienze accumulate in tutta una vita, grazie alle quali quell'individuo è riuscito a sopravvivere fino ad oggi.
Sarebbe irrispettoso e soprattutto un azzardo volere imporre il nostro mondo di esperienze e credenze sopra quello di un altro, nonostante le migliori intenzioni.

Anche creare dualità nella medicina, facendo una semplice distinzione lessicale tra “medicina ufficiale” e “medicina alternativa”, pone grandi ostacoli se non addirittura una paralisi alla scelta da parte della persona in cerca di aiuto. 

Diventa ora comprensibile perchè è imprudente, se non pericoloso, voler convincere chiunque, anche un amico o un familiare, magari molto spaventato, che sta sbagliando approccio.

Non solo il ruolo del terapeuta/consulente/medico, ma anche quello di amico e parente diventa molto più funzionale e veramente di sostegno anche solo con una rispettosa presenza, che permetta la creazione di uno spazio per compiere delle scelte, e non la sua riduzione “chiudendo porte” con disapprovazione.

Per questi motivi, in questo scontro tra fazioni, la mia personale posizione e parola d'ordine (che coincide con quella del 5LB Magazine) è INTEGRAZIONE.
Non posso schierarmi perchè ciascuno, dal suo vissuto, dalla sua prospettiva di vita, porta la propria verità.
Nella mia esperienza personale, prima come biologa e poi soprattutto come utente della medicina, ho attraversato la fase dello schieramento (da “scientista” ad “alternativa”), ma i risultati in entrambi i casi non mi soddisfacevano. 
Potere ascoltare quello che veramente reputo essere il meglio, o il meno peggio per me, a prescindere da pareri o protocolli, è la strada che mi permette di raccogliere le forze per affrontare le grosse sfide, come può essere far fronte a una diagnosi che mette in discussione la mia vita.
È importante per me applicare lo stesso criterio con chi mi si avvicina in cerca di uno spazio diverso, per poter fare delle scelte in presenza di sé e con meno paura.

Il modello delle 5 leggi biologiche permette di comprendere cosa sta accadendo ai tessuti, conoscere la causa che ha attivato il Programma Speciale Biologico e Sensato, e poter contattare quei sentiti profondi che ci mantengono incastrati in routine comportamentali e recidive fisiche, verificando quanto siamo lontani da ciò di cui abbiamo davvero bisogno.
Le 5LB non descrivono quindi un metodo di intervento o una cura (che potrà essere sintomatica o causale), ma sono uno strumento di conoscenza che amplia in modo straordinario il ventaglio di scelta.
Inoltre, ridimensionare la paura riconoscendo un senso biologico alla "malattia", permette di creare tanto nuovo spazio per fare delle scelte in modo attivo e lucido.

La terapia migliore è allora quella che sostiene la persona e la aiuta a superare i momenti più delicati, nel rispetto delle convinzioni dalle quali trae la sua forza...per andare verso la vita.

Non diciamo che prendere una posizione di opinione sia male, ma in questo delicato campo, e soprattutto in condizioni di urgenza, occorre distinguere ciò che è teoria, su cui si può disquisire, e ciò che è efficace nella pratica. 
La fedele coerenza a un'idea non è efficace: l’integrazione crea lo spazio per permettere di seguire ed adattarsi in modo funzionale a ciò che accade nella realtà della singola e unica persona.

Educazione a una scelta responsabile: 'Insegniamo alle persone ad alfabetizzarsi sulla salute'

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In medicina esistono linee-guida di intervento diagnostico e terapeutico a cui i medici si attengono, e a cui la legge impone di attenersi.

Nonostante si dia per scontata la scientificità di tali standard, in realtà spesso le linee-guida non sono pienamente fondate su prove scientifiche, vuoi per un'incertezza strutturale della materia medica, vuoi per un certo ritardo nell'applicazione delle ultime acquisizioni, vuoi per conflitti di interesse, vuoi per la manipolazione degli studi clinici alla base.

CONFLITTI DI INTERESSE
"Oltre 25 anni di ricerca sulle metodologie di produzione delle linee guida hanno dimostrato che la loro qualità e trasparenza non sono garantite dall'autorevolezza dei produttori, né tantomeno dalla loro legittimazione normativa, ma sono strettamente legate al rigore metodologico del processo di elaborazione e a un'adeguata governance dei conflitti di interesse". 
Nino Cartabellotta
(Presidente del Gruppo Italiano per una Medicina Basata sulle Evidenze)
Su Evidence.it, lo studio pubblicato lo scorso marzo proprio sui conflitti di interesse nella produzione di linee guida

MANIPOLAZIONE DEGLI STUDI CLINICI
Una ricerca pubblicata lo scorso febbraio sul British Medical Journal ha indagato le sperimentazioni eseguite tra il 2007 e il 2010 da 51 dei più importanti centri di ricerca accademici americani, rilevando che tra il 60% e il 90% degli studi clinici ha occultato i propri risultati.
Non si tratta solo di una questione di etica professionale, ma anche di una questione legale: dal 2007, infatti, è obbligo di legge la registrazione di ogni studio clinico, come anche la pubblicazione dei risultati entro un anno dalla conclusione.
Non fossero già abbastanza i moniti della campagna AllTrials, questo studio aggiunge ulteriore rammarico per la situazione disastrosa in cui versa la ricerca.

CONSAPEVOLEZZA COLLETTIVA RIGUARDO L'INCERTEZZA NELLA RICERCA MEDICA
"I pazienti sono in una posizione difficile, e anche i medici.
Sono circondati da prove che si contraddicono l’una con l’altra. In alcune discipline, fino al 90% della ricerca può essere condizionata. È un grosso problema."
"Bisognerebbe insegnare ai pazienti a diventare alfabetizzati dal punto di vista della salute, così che possano valutare le evidenze scientifiche e sapere come porsi le domande giuste... 
D’altra parte, pure i clinici dovrebbero «alfabetizzarsi» riguardo l’incertezza che ancora permane su quello che crediamo di conoscere
I pazienti devono essere informati di queste incertezze, perché è molto importante che la popolazione ne sia consapevole: in questo modo verrebbe sollecitata dal basso una nuova agenda della ricerca, invece di ritenerci soddisfatti di quello che già abbiamo. Abbiamo bisogno di una ricerca che si basi sui valori in cui crediamo."
"Ci sono enormi problemi nell’attività di ricerca. Vengono portati avanti un sacco di studi piccoli, mal progettati, manipolati, viziati da enormi conflitti di interesse e non trasparenti."
"Abbiamo bisogno di meno opinioni di «esperti» che spesso sono dettate da pregiudizi e distorsioni. Abbiamo bisogno di un minor numero di comitati (tipo quelli che sviluppano le linee-guida) che definiscono l’ordine del giorno della ricerca, mentre invece abbiamo bisogno di più evidenze. 
Le linee-guida delle società specialistiche hanno raggiunto il punto più basso e possono fare più male che bene. 
Molte linee-guida non sono basate su evidenze o vengono costruite sulla base di «una» interpretazione delle prove disponibili. 
Abbiamo troppa fiducia nelle linee-guida, quando invece dovremmo fare affidamento sui dati reali. 
I conflitti di interesse sono pervasivi e molti riguardano l’influenza delle industrie. Quello che ci serve sono le prove che possono scaturire da studi controllati randomizzati, che dovrebbero informare le nostre politiche."
Tratto dall'intervista a John P. Ioannidis, professore di medicina della Stanford University, considerato tra i più autorevoli esperti di ricerca medica. Traduzione di Luca De Fiore.

Se la legge obbliga il medico ad attenersi a linee-guida incerte ed opinabili, nonostante ciò è chiaro che lo stesso tenderà a ricalcarle per non rischiare guai giudiziari, arroccandosi nella cosiddetta medicina difensiva.
Per rispondere a questo problema, settimana scorsa Nino Cartabellotta ha portato, presso la 12° Commissione Igiene e Sanità del Senato, alcune considerazioni e critiche al nuovo disegno di legge sulle responsabilità professionali:
"Le linee guida forniscono raccomandazioni e norme di buona pratica per informare senza obbligare tutti i professionisti sanitari, ma le loro decisioni e azioni devono sempre considerare caratteristiche cliniche, aspettative e preferenze del paziente individuale
Per questo proponiamo di utilizzare un’espressione meno vincolante di 'si attengono'"(come l’espressione 'fanno riferimento a').

Al di là delle linee-guida ed entrando nella applicazione pratica, dare la responsabilità della decisione alla persona solleva il medico di un ruolo che non gli compete e per il quale sente di doversi difendere.
Ma non solo: spostare il baricentro verso la persona è soprattutto una questione etica e funzionale in termini terapeutici, lo comprendiamo bene nella prospettiva delle 5LB.
Il "processo decisionale condiviso" è così inteso in medicina come il punto di incontro tra medico e paziente, nel rispetto dei valori e delle preferenze della persona.
Invece generalmente ci aspettiamo che sia il medico a scegliere per noi delegandogli la responsabilità sulla nostra salute, perchè né siamo consapevoli del fatto che non esiste una unica strada certa e predestinata, né siamo consapevoli della opportunità di scegliere.
Allora frasi del tipo "sono io il medico, lei non deve sapere o capire", "faccia come le dico io, lei non si deve preoccupare" potrebbero sembrarci ragionevoli...ma non lo sono affatto.

È allora necessario che ci "alfabetizziamo" su questi 3 fatti:
1- abbiamo l'opportunità e il dovere di scegliere come curarci ed esserne responsabili
2- la ricerca medica non produce certezze ma raccomandazioni
3- siamo in un periodo tecnicamente avanzato, ma accade che le evidenze scientifiche siano prodotte con colpevoli lacune e distorsioni.

Sul sito di Salute Attiva Onlus trovi un un mio articolo che descrive un percorso di scelta terapeutica attiva, responsabile e consapevole.

E con la conoscenza delle 5 Leggi Biologiche cambia qualcosa?
Il ventaglio di scelta può estendersi notevolmente, ma non il modo e la posizione da cui si sceglie.

La settimana per la salute della donna (OpenWeek 2016) e la diagnosi precoce

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In occasione della prima Giornata Nazionale della Salute della Donna (22 aprile 2016), molti istituti apriranno le porte a consulti e visite gratuite.
Il concetto di prevenzioneè saldamente radicato nell'immaginario collettivo, inflluenzando profondamente sia le credenze personali sia la comunicazione che ne viene fatta a livello mediatico: su quest'ultima ci focalizziamo per mettere in risalto alcuni luoghi comuni che sono poco (o non più) fondati, sia dal punto di vista delle evidenze disponibili, sia dal punto di vista delle 5 Leggi Biologiche.
Premi il pulsante play per ascoltare il podcast.


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[Le informazioni che seguono riportano i link e i riferimenti citati in questo episodio]
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Articolo in lettura: 
Prevenire è meglio che curare? Il mito inossidabile.
(cliccalo per leggerlo in una nuova pagina)


Argomenti trattati


SOVRADIAGNOSI




La "vecchia scuola" decaduta del "più si controlla e meglio è":
“La probabilità di guarigione del tumore del seno è proporzionale alla tempestività della diagnosi, cioè prima si scopre, meglio si cura e si guarisce […] l’opportunità che abbiamo oggi per la salute della donne è straordinaria: se riuscissimo ad aumentare questa percentuale fino alla quasi totalità dei casi, con la partecipazione in massa delle donne, è ragionevole ipotizzare che anche la guaribilità si avvicinerebbe alla quasi totalità dei casi”. 


su 16 ricerche che hanno coinvolto circa 200.000 persone sulla efficacia delle visite di controllo di routine per persone in salute e generalmente non a rischio.
I risultati sono stati: "I controlli generali sulla salute [nelle persone sane NDR] non riducono gli stati patologici o la mortalità, né in generale, né per cause cardiovascolari o per cancro, nonostante il numero di nuove diagnosi aumenti.
Esiti nocivi importanti, come gli interventi di procedura in seguito alla diagnosi o gli effetti psicologici a breve termine, spesso non sono studiati o non sono segnalati, e molti di questi studi hanno difetti metodologici.
Visto il gran numero di partecipanti e il numero dei decessi, visti i lunghi periodi di analisi utilizzati, e considerando che la mortalità per cause cardiovascolari e cancro non è stata ridotta, è improbabile che le visite di controllo generali sulla salute diano un beneficio."

Lo studio sugli screening mammografici: perchè oggi è ragionevole non farli.
Il test PSA non dà nessun beneficio ma il 20% di falsi positivi
I controlli regolari a raggi X dei polmoni: nessun beneficio e forte rischio di sovradiagnosi, un po'meno per la TAC.

L'eradicazione dell'epatite C e il sillogismo della vettura sportiva

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Immagina che qualcuno ti venda un'automobile, facendoti intendere che è una vettura sportiva molto veloce perchè è rossa, proprio come una Ferrari.
Dopo un po' di tempo che la usi, ti accorgi che fatica ad andare oltre i 90 km/h.
La riporti indietro e il venditore, dopo aver verificato che non ha difetti, in tutta onestà non riesce a spiegarsi come sia possibile che un'auto rossa non sia performante.

Il sillogismo su cui poggia questa storiella si costruisce così:
1- Le vetture rosse sono sportive
2- La vettura che ho acquistato è rossa
3- Dunque la mia vettura rossa è sportiva

In una metafora bizzarra, questo è ciò che sta accadendo (e probabilmente sarà sempre più evidente) con i "super-farmaci" per l'epatite C, quelli recentemente immessi in commercio e in grado di abbattere la "carica virale" del "virus dell'epatite" (HCV) nel 90% dei casi.

Questa spiccata caratteristica induce il sillogismo:
1- Certe "malattie" del fegato sono causate dal virus HCV
2- Questo farmaco elimina il virus
3- Dunque chi assume il farmaco starà meglio con un fegato più sano.

È immediato: ci risulta lapalissiano che una tinteggiatura rossa su una vettura non è ragione sufficiente a renderla sportiva.
Nello stesso modo, in ottica 5LB emerge chiara l'irregolarità logica dovuta alla debolezza della premessa, non verificata ma universalmente postulata, che il virus HCV sia la causa dell'epatite e delle complicazioni al fegato.
Eppure l'irregolarità sarebbe evidente non solo in ottica 5LB, ma anche in base al buon senso scientifico.

In un articolo di qualche mese fa, avevamo messo in guardia sul fatto che i nuovi "superfarmaci" non avessero alle spalle sufficienti prove di efficacia per essere definiti, come è invece largamente avvenuto nel mondo dell'informazione, "miracolosi" e "salvavita".
Si evidenziava infatti che "il nuovo super-farmaco funziona molto bene nell'abbattere la carica virale, ma ad oggi non vi sono dati che indichino che tale abbattimento rallenti l'evoluzione dell'epatite."
In poche parole, gli studi clinici dell'azienda produttrice sono stati eseguiti in modo formalmente corretto, impostando però un obiettivo "basso" (detto "traguardo surrogato") su un marcatore: la "risposta virologica".

La deduzione successiva - che la riduzione di un marcatore e la riduzione della concentrazione di virus nel sangue portino un beneficio concreto alla salute - non è verificata né studiata, ma è data per scontata da istituzioni e mezzi di comunicazione.
Grazie a ciò, i governi nazionali hanno avuto l'impressione che i dati fossero più che sufficienti per acquistare scorte del prodotto a prezzi elevatissimi (un miliardo di euro per l'Italia).
In questa posizione di forza, il produttore non si sentirà certo in obbligo di dimostrare che l'abbattimento della carica virale porti un effettivo beneficio alla persona. Il che è tutt'altro che scontato, ma lo si saprà solo tra qualche anno.
Recenti osservazioni sui casi reali iniziano già a consegnare dati importanti: è vero che il farmaco raggiunge il suo obiettivo nel 90% dei casi (per lo meno nella finestra temporale presa finora in considerazione) ma, messa su strada, questa "vettura sportiva" sembra dare incertezze.

Uno studio retrospettivo presentato in questi giorni (condotto dal Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna), ha analizzato le cartelle cliniche di 59 pazienti con "cirrosi epatica da HCV" che avevano avuto carcinoma al fegato, erano stati quindi sottoposti con successo a un trattamento (chirurgico o di altro tipo) che aveva rimosso la neoplasia, ed erano stati poi trattati con gli antivirali efficaci al 90%.
"Il dato che ci ha un po’ spiazzato - dice un autore del lavoro -è che ben il 29%, cioè 17 persone, hanno sviluppato un nuovo cancro epatico nel breve lasso di tempo di 6 mesi dalla fine del trattamento antivirale”.
Solitamente l'incidenza di ricadute "in chi ha avuto carcinoma ma NON è stato successivamente trattato con antivirali, va dal 20% al 30% in 3 anni.
In questo senso, “il 29% dello studio non è sorprendente": quello che sorprende è che non solo l'abbattimento di carica virale non determina alcun vantaggio rispetto alla ricomparsa di noduli al fegato, ma darebbe l'impressione (oggi non spiegabile) di accelerarne la proliferazione.
La ricaduta "avviene anche in pazienti seguiti per molto tempo dopo l’intervento e che non presentavano alcuna evidenza di nuovi tumori” prima del trattamento con antivirali.
Gli autori consigliano quindi, nei successivi 12 mesi, di tenere sotto controllo chi ha avuto un tumore epatico e ha seguito il trattamento con antivirali.

Uno studio spagnolo, pubblicato sul Journal of Hepatology e condotto dal Barcelona Clinic Liver Cancer Group dell’Hospital Clinic Barcelona, ha fornito risultati del tutto simili: su 58 pazienti con una storia di carcinoma epatico, 16 (il 27,6%) ha avuto una ricaduta. Il tempo medio è stato di 5,7 mesi.

Cosa ci dicono questi dati?
Ci dicono che il farmaco agisce, ha un effetto che potrebbe avere una sua utilità (che non può limitarsi al marcatore surrogato) ma questa utilità, insieme anche agli effetti avversi, deve essere ancora valutata.

Nel frattempo e dalla prospettiva delle 5 Leggi Biologiche, siamo spontaneamente indotti a tenere alta l'attenzione intorno a un farmaco chiamato "super", che per quanto possa essere efficace potrà sì intervenire sui sintomi, ma non certo sulle loro cause.
Da questa posizione vigile e critica, emergono le contraddizioni e stridono quei sensazionalismi di annunci "miracolosi", che spingono sia le istituzioni sia i cittadini ad atti di fede nei confronti di iperboliche "eradicazioni di malattie".

Eppure, anche senza la conoscenza delle 5LB ma con buon senso, è possibile discernere le distorsioni e i "sillogismi da vettura rossa" che spesso l'informazione mediatica, ma anche la ricerca, producono, riportando ad una misura più proporzionata le aspettative popolari.

Poggiando dunque sulle sole evidenze disponibili, assimilare la risposta virologica nel singolo paziente alla eradicazione del virus dell’epatite C dalla popolazione è una suggestiva, ma inverosimile, strategia di sanità pubblica.
Inoltre, considerato che la mortalità nei pazienti con epatite C è molto bassa e che nessuno studio ha dimostrato che il sofosbuvir riduce la mortalità, il termine “farmaco salvavita” è improprio e non dovrebbe più essere utilizzato. (Evidence.it)

Approfondisci l'argomento dei superfarmaci nell'articolo Epatite C - Quando il farmaco è super, nessuno si chiede se funziona, o l'eziologia dell'epatite.

Le distorsioni statistiche del popolo più longevo al mondo, gli italiani (secondi solo ai giapponesi)

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Gli italiani sono il popolo più longevo al mondo.
Secondi solo ai giapponesi.
Stiamo molto bene, siamo quelli che vivono di più.

Poi di colpo arriva il panico, che ci assale quando meno ce lo aspettiamo: il valore statistico medio della aspettativa di vita degli italiani (i più longevi al mondo, dopo i giapponesi) è calato da 80,3 a 80,1 anni.


Sanità, per la prima volta cala l’aspettativa di vita. “Tagliata la spesa pubblica, manca la prevenzione”
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Prevenzione flop e meno vaccini: si abbassa l’aspettativa di vita


I media si buttano immediatamente (e per sensazionalismo e per fini politici) facendone il pretesto per trovare un colpevole, additando in modo categorico il basso livello di prevenzione (parola usata in modo generico, creando confusione tra primaria e secondaria), l'inefficienza sanitaria (si allude forse al fatto che andrebbe ancor più privatizzata?) e anche il calo delle vaccinazioni influenzali (che sono le meno efficaci!).

Beh, come si fa a dire con tanta sicumera che questi siano i motivi che riducono la vita media di 2 mesi?
Su quali evidenze comprovabili si deducono queste conclusioni?
Mentre il panico scomposto è già in pista, e perchè la sanità non funziona più, e perchè non si fa abbastanza prevenzione, e perchè non si fanno i vaccini...potremmo meditare una risposta più sobria.
Per cominciare, su quali dati possiamo dire che il calo di un dato statistico sulla vita media possa essere dovuto a poca prevenzione?
Noi italiani non ne abbiamo mai fatta molta: proprio il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Ricciardi, che tra l'altro è l'autore della raccolta dati sulla longevità, dice:

«Siamo la Cenerentola del mondo – ammette sfiduciato - l’ultimo Paese ad investire in prevenzione, a cominciare dalle vaccinazioni. E poi ci sono gli screening oncologici, mai partiti e che funzionano a macchia di leopardo, soprattutto per le donne».

Siamo gli ultimi a investire in prevenzione... eppure siamo i più longevi al mondo.
Nel 2014 eravamo forse tra i primi e per questo eravamo longevi, e nel 2015 di colpo siamo diventati gli ultimi a fare prevenzione?
O da questa osservazione dovrei forse concludere che, quindi, siamo longevi proprio perchè interveniamo di meno? Meno sovra-medicalizzazione e meno sovra-diagnosi?
Sulla base di quali dati farei una tale correlazione?

Potrei forse dire, anche, che tra il 2010 e il 2015 la crisi economica e sociale abbia inciso in qualche modo sulla salute della popolazione? In base a quali informazioni potrei affermarlo...o negarlo?

Per essere scientifici e riportare un'informazione corretta, sarebbero necessari studi rigorosi che fornissero qualche riferimento alle interpretazioni e alle ipotesi di causalità, piuttosto che di correlazione o forse di sola concomitanza casuale.

In effetti avevamo già portato alla luce una ricerca eseguita su decenni di prevenzione secondaria ad ampio raggio che rileva la dubbia efficacia della diagnosi precoce, proprio perchè la sua applicazione non incide sulla mortalità (nemmeno sugli esiti cardiovascolari, considerati i più pericolosi) mentre, si rileva sull'altro lato, la sovradiagnosi è un fattore molto sottovalutato.
Qui trovi l'articolo che approfondisce questo tema: "il mito inossidabile della prevenzione".

Peraltro, quel famoso dato ISTAT sul repentino aumento della mortalità nel 2015, anch'esso cavalcato furiosamente dalla comunicazione di massa (tanto che l'istituto ha dovuto emettere una nota correttiva), ha in realtà fondamento su ben altro tipo di causa, già sviscerata esplicitamente dai dati: si registra un nuovo picco per la mortalità in Italia: sono stati 54mila i decessi in più rispetto all’anno precedente. “Questo incremento è dovuto al costante aumento del numero delle persone molto anziane nel nostro Paese e all’andamento ciclico della mortalità osservabile nei dati in serie storica. Quindi tale incremento non deve destare particolare allarmismo, poiché è legato per lo più a fenomeni di natura demografica– spiega Alessandro Solipaca – Merita però attenzione da parte del Servizio sanitario nazionale il fatto che alcuni decessi sono riconducibili all’ondata di calore sperimentata nell’estate 2015 e alla mortalità per complicanze dell’influenza nella popolazione anziana. 
Si tratta cioè di morti evitabili con efficaci politiche di prevenzione, in particolare con quelle finalizzate all’informazione e alla promozione della prevenzione primaria [in questo caso riguarda la protezione dal caldo eccezionale, che tutti ben ricordiamo nell'estate 2015 NDR] e agli interventi mirati all’aumento della copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani che, come documentato nel Rapporto, è addirittura in diminuzione”.

Sempre che sia statisticamente confermato, l'aumento di mortalità del 2015 sarebbe propriamente riconducibile a fenomeni di natura demografica, riscontrabile nelle serie storiche.
Che il calo delle vaccinazioni anti-influenzali abbia provocato decessi è certamente una interpretazione personale, perchè ad oggi non è sostenuta da evidenze scientifiche disponibili.

Vaccini per prevenire l'influenza stagionale e le sue complicazioni in persone di più di 65 anni.
L'evidenza disponibile è di bassa qualità e non fornisce indicazioni riguardo alla sicurezza, efficacia o efficienza dei vaccini per l'influenza in persone di più di 65 anni.
Per risolvere l'incertezza, dovrebbe essere eseguito per alcune stagioni uno studio di potenza adeguata, finanziato da soldi pubblici, randomizzato e controllato con placebo.
Fonte e approfondimento: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmedhealth/PMH0013082/

Ricordo che, in queste ore, noi italiani, i più longevi al mondo dopo i giapponesi, ci stiamo auto-accusando di non saper vivere a lungo perchè non ci occupiamo abbastanza della salute. 
Vista così, una negligenza che dà tutta l'impressione di essere una qualità.

Teniamo una posizione di autodifesa quando le ondate mediatiche sono così violente, perchè è naturale che ogni attore nel campo della comunicazione di massa giochi con il proprio capro espiatorio, distorcendo anche nei confronti di se stesso la percezione delle cose.
Se poi lo strumento su cui si fa leva sono le statistiche, le antenne si alzino anche più dritte, perchè "Ci sono tre specie di bugie: le bugie, le sfacciate bugie e le statistiche"(frase attribuita a Benjamin Disraeli)

I farmaci di nuova generazione apriranno la strada alla quarta legge biologica?

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Aids, "in arrivo super cure anche per l'Hiv"
Nuove super-terapie simili a quelle per l'epatite C sono dietro l'angolo anche per l'Hiv. Nel giro di 3-5 anni arriveremo a negativizzare pazienti sieropositivi
Fonte Adnkronos

Siamo nell'era dei cosiddetti superfarmaci, prodotti rivoluzionari in grado di abbattere totalmente certi marcatori, ovvero valori del sangue usati, per esempio, per rilevare la presenza o meno di particolari virus.
Sembra allora incredibile: tra 5 anni avremo prodotti che, per via orale, azzereranno la carica virale nei sieropositivi, dopo una guerra estenuante di decenni di laboratorio e farmacologia.

Esattamente quello che sta accadendo oggi con l'HCV, cioè il cosiddetto virus dell'epatite C: in poche settimane di Sovaldi (uno di questi superfarmaci), nel 90% dei casi il virus non viene più rilevato nell'organismo, anche in chi ha seguito decenni di cure di interferone senza grandi risultati. 
Paziente ufficialmente guarito, scritto nero su bianco. Si può immaginare come può, una tale notizia, cambiare concretamente la vita di una persona.

Osservando il fenomeno dall'interno del modello delle 5 Leggi Biologiche, una domanda nasce spontanea: se i microbi e i virus non sono la causa ma un effetto, un evento concomitante a un processo biologico, cosa accade nel momento in cui si contrasta solo l'effetto?
Contrastando un effetto, si contrasta effettivamente la "malattia"?

Come abbiamo già evidenziato nei mesi scorsi, la scienza non ha una risposta a questa domanda, perchè gli studi su questi farmaci vengono oggi eseguiti su "traguardi surrogati" come i marcatori, che non dicono nulla sugli esiti reali che possono avere sulla salute delle persone.
In altre parole: il superfarmaco dell'epatite è valutato "super" e "straordinario" perchè capace di abbattere un certo valore sanguigno...ma che questo abbattimento porti un reale beneficio alla salute nessuno ancora lo sa.

Un meccanismo di "supervalutazione" simile è avvenuto con il superfarmaco per il colesterolo: è possibile dire che l'abbattimento del colesterolo prevenga certi disturbi della salute? Sì e no, i dati sono in contrasto e sono sempre più tendenti a negare una correlazione.

Sappiamo che i farmaci hanno certamente effetti sintomatici, che in alcuni casi possono aiutare la curva bifasica a giungere a compimento in modo più "morbido", ma evidentemente non possono intervenire sulla causa di un processo biologico.
Posso ridurre il dolore con un antidolorifico e ciò mi farà sentire meglio, ma un farmaco non mi impedirà di farmi di nuovo male.
Posso pulire i vetri di casa tutti i giorni e questo renderà la mia casa più luminosa, ma ciò non aiuterà a produrre meno polveri e inquinamento nella mia città.

In futuro, dopo che saranno stati raccolti i dati reali degli esiti sulla salute, cioè i dati sull'incidenza dei sintomi e sulla mortalità, si potrà azzardare una risposta a queste domande, e in particolare a una: l'abbattimento dei livelli di virus nel sangue è un intervento che comporta dei benefici?
Senza microbi si sta meglio, peggio o uguale?

Possiamo immaginare che, se si dovesse scoprire che gli esiti reali sulla salute delle persone non saranno così significativi, si giungerà forzatamente alla comprensione che il virus non può essere la causa eziologica della "malattia", ma probabilmente un fenomeno concomitante?
L'era dei superfarmaci sta forse aprendo la strada all'era della quarta legge biologica?

ZERO - La rivista sulle 5 Leggi Biologiche si materializza in un oggetto reale

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Immagina di vedere, improvvisamente, le 5LB citate in uno spot alla TV (oggi vivremmo di certo una DHS)
Immagina di fare zapping e di imbatterti in un canale televisivo dedicato alle 5LB (5LB TV!)
Immagina di avere un appuntamento per martedì prossimo all'"ufficio 5 Leggi Biologiche" nella ASL della tua città
Immagina di essere alle scuole medie e di dover preparare l'interrogazione per la lezione sulle 5LB
Immagina di andare dal medico e, nella sala d'aspetto, trovare tra Donna Moderna e Vanity Fair una rivista come questa



Le immagini messe nel futuro producono e attraggono azioni concrete.
Ebbene, il 5LB Magazine oggi si materializza in un oggetto reale, tangibile, contribuendo ad un piano di progressiva integrazione culturale delle 5 Leggi Biologiche.

Al suo interno troverai molto sapore di futuro: l'introduzione delle 5LB nei concetti di "malattia" e salute per immaginare come li affronteremo, l'esperienza di una giovane ragazza che vive una vita di liceo con le 5LB già "in tasca", un'iniezione di 5LB nella Divina Commedia, un umorismo che acquisisce risvolti oggi ancora poco comprensibili...e altro.
È inoltre incluso il Libretto Propedeutico - La Malattia Secondo Il Modello delle 5 Leggi Biologiche, utile per introdurre alle 5 Leggi Biologiche chi ne fosse totalmente digiuno o chi desiderasse richiedere una consulenza.

Più che nei contenuti, il senso di questa opera sta nella proiezione delle 5LB in un oggetto materiale, che si può toccare, bello da guardare, di uso quotidiano e popolare come una rivista...oggi ancora futuribile, ma non più così improbabile.
Ci auguriamo e ci aspettiamo che le 5LB siano accolte sempre più nelle nostre vite.


ZERO - 5LB Magazine - AA.VV. , 32 pagine, 5,99€

INDICE

- Cos'è 5LB e 5LB Magazine
- Io, creatura di percezione
- Il prima e il dopo della "malattia" (per neofiti) - di Eleonora Meloni
- Il futuro, come sarà - di Mauro Sartorio
- Il grande segreto per la salute - il conflitto del profugo - di Mauro Sartorio
- La commedia di Dante e le 5LB - di Rocco Ventura
- P come paura - come è vissuta la malattia nei nostri licei - di Mariele Bado
- Le 5 Leggi del buon umore - a cura di Paolo Sanna
- Scopri se mente - il suo labbro può dirti molto - di Dario Aznar
- Eziologia - la fisiologia speciale delle ossa - di Mauro Sartorio
- Esperienza con un dolore - di Eleonora Meloni
- Salute Attiva Onlus
- Libretto propedeutico - il tuo primo approccio alle 5LB

Puoi trovarlo ora su Amazon
Non è periodico e non ci si abbona: si evolverà se ZERO avrà un buon riscontro.

L'apologia del colesterolo di una scienza volubile

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"30 anni di esortazioni ufficiali da parte delle istituzioni sanitarie, che hanno invitato le persone ad adottare diete a basso contenuto di grassi per ridurre il colesterolo, stanno avendo conseguenze disastrose", dice un rapporto del National Obesity Forum e del Public Health Collaboration britannico.
Fonte: The Telegraph

"Gli attuali sforzi sono falliti, la prova è che i livelli di obesità sono più alti di quanto non siano mai stati, e non si mostra alcuna possibilità di essere ridotti nonostante gli sforzi del governo e degli scienziati."
E gli annunci allegati:"Mangiare grassi non fa ingrassare", "Mangia grassi per dimagrire", "Non temere il grasso; il grasso è tuo amico".

Il rapporto sostiene anche che i grassi saturi non abbiano alcuna correlazione causale con i disturbi cardiaci, anzi, addirittura sostiene che prodotti ricchi di grassi come latticini, formaggi e yogurt possono prevenirli (una recente ricerca sul BMJ riporta addirittura un effetto protettivo anti-cancro per l'ex colesterolo "cattivo").
Gli autori chiedono un ritorno ai "cibi integrali" come carne, pesce e latticini, così come ai cibi sani ad alto contenuto di grassi tipo l'avocado.
"Gli alimenti etichettati a basso contenuto di grassi, light e a basso contenuto di colesterolo, devono essere evitati e le persone con diabete di tipo 2 dovrebbero seguire una dieta ricca di grassi piuttosto che una a base di carboidrati"

Sappiamo che il grasso alimentare non produce ingrassamento (piuttosto in genere ci si riferisce alla ritenzione idrica che è il processo biologico preponderante) e che il colesterolo alimentare non ha alcun effetto sul colesterolo nel sangue: lo sappiamo non solo all'interno del modello particolare delle 5 Leggi Biologiche, ma si tratta di dati ormai acquisiti dalla comunità scientifica in generale.
Infatti non solo il governo britannico sta ripensando le proprie linee guida nutrizionali, ma gli Stati Uniti lo hanno già fatto ufficialmente 365 giorni fa.

E ancora "Le nostre popolazioni per quasi 40 anni sono state sottoposte ad un esperimento globale incontrollato che è stato drasticamente sbagliato".
"Il messaggio sulle diete a basso contenuto di colesterolo è costruito sulle basi di una scienza imperfetta.". Questo "aggiornamento del modello nutrizionale è stato condotto apertamente con robusti approcci scientifici".

Eppure ne eravamo certissimi, e c'è chi metterebbe una mano nelle braci per sostenere che non vi è alcun dubbio che i grassi saturi siano nocivi.
Più di 30 anni di diete speciali e farmaci "a vita" che ancora oggi rincorrono l'obiettivo di abbattere il colesterolo, perché la scienza ha certificato che è pericoloso.
Non solo per ridurre il rischio di obesità, ma anche e soprattutto per le gravi correlazioni di tipo cardio-vascolare.

Ora, invece, qualcuno nella comunità scientifica sostiene che questo approccio è ed è stato disastroso.
Certo, la scienza è scienza proprio perché è sempre capace di mettersi in discussione, una qualità intrinseca nell'essenza del metodo scientifico. Chiamarla "imperfetta" diventa in effetti una provocazione...la scienza è semmai mutevole e flessibile, in una continua ed eterna metamorfosi.

Il pericolo dell'imperfezione allora non alberga nella scienza in sè, bensì nell'uomo, quando resiste rigidamente, per pulsioni interiori, al mettere in discussione se stesso e la propria posizione.
Il pericolo allora si insinua quando l'uomo di scienza, e riconosciuto tale, brandisce il vessillo dell'autorevolezza scientifica, con l'intento di adornare di verità inoppugnabile una certa teoria in cui si identifica, ostacolando la discussione che dovrebbe essere metodica.

Ci si sarà resi conto che non c'è un ambito scientifico tanto incerto e ricco di ipotesi postulate ma non pienamente verificate quanto quello della medicina.
Non ci dovremmo quindi stupire quando, da un giorno all'altro, un'idea che ci ha accompagnato per decenni e ci ha convinto a condurre una vita secondo certe regole, improvvisamente crolla su se stessa lasciandoci orfani.

Dunque il problema diventa strettamente personale, e si pone quando io mi identifico completamente con quell'idea: in questo modo se l'idea muore, con essa muoio anche io.
Vuoi che un organismo non reagisca alla morte, con un istinto di sopravvivenza biologicamente sensato?
Per questo motivo le nuove teorie che entrano nella discussione scientifica, anche quando risultano avere contenuti sorprendentemente evidenti, hanno bisogno di tempo e persistenza, spesso almeno un paio di generazioni, per essere "digerite" e socialmente integrate.

Oppiacei antidolorifici: gli effetti, i rischi e le alternative.

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Il 21 aprile scorso è venuto a mancare Prince, 57 anni, una supernova nel firmamento musicale.
Inizialmente non si è compreso il motivo del decesso, ma oggi è noto: overdose di antidolorifici oppiacei.
Ogni giorno 52 persone muoiono a causa di questi farmaci, ogni anno 19000 (solo negli Stati Uniti).(¹)

Per anni questi farmaci sono stati prescritti per qualsiasi condizione di dolore, dal mal di denti al mal di schiena.
Un sondaggio del National Safety Council americano ha rivelato che il 99% dei dottori prescrivono regolarmente oppiacei per periodi più lunghi dei 3 giorniraccomandati dalle istituzioni sanitarie.(³)
Poichè i dottori prescrivono certi farmaci, allora siamo inclini a credere che siano certamente efficaci e sicuri.

Eppure, come vedremo, le odierne evidenze scientifiche non sostengono il loro uso quotidiano o, per meglio dire, abuso; indicano invece alternative anche più efficaci contro il dolore, con effetti avversi molto ridotti.

Se consideriamo i farmaci oppiacei (tipo morfina) nella loro azione sulla curva bifasica, diciamo che hanno un effetto simpatico-inibente, cioè spianano le fasi simpaticotoniche sospendendo la fisiologia normale e speciale (SBS), in particolare quella condotta dal tronco cerebrale.
A livello dei recettori del dolore, tagliano da essi la comunicazione sinaptica verso il cervello.(²)
Il risultato è che sotto l'immediato effetto della sostanza il dolore svanisce, mala fase PCL resta sospesa.
Inoltre il corpo, cercando di compensare l'interruzione della comunicazione nervosa, aumenta la propria sensibilità generale al dolore, producendo un'assuefazione crescente alla sostanza.(²)
Si può avere così la sensazione che, nel tempo, il dolore si estenda diffusamente nel corpo, oltre l'area che era inizialmente dolorante.
In tutto questo, le regolari funzionalità endodermiche, apparato digerente e respiratorio in primis, sono rallentate se non impedite: questo è il principale fattore di rischio che può creare danno all'organismo, fino al limite del decesso, specialmente se altre sostanze vagotoniche interagiscono (alcool, anti-depressivi e sonniferi) deprimendo irrimediabilmente la capacità respiratoria.(²)
La tolleranza crescente del corpo al farmaco, anch'essa, spinge al sovra-dosaggio per controllare il dolore; dall'altra parte, però, la persona non percepisce alcun segnale che le permetta di rendersi conto dei pericolosi effetti sulla respirazione.(²)

Analizziamo allora l'odierna discrepanza tra le credenze popolari e le evidenze scientifiche sull'efficacia di questi farmaci.
Il National Safety Council ha rilevato che i cittadini(¹):
- non sanno che gli antidolorifici che usano contengono oppiacei
- non sanno che condividere con altre persone i propri antidolorifici prescritti è un crimine
- sanno che possono avere effetti collaterali, ma non sanno che danno dipendenza (9 consumatori su 10)
- sovrastimano l'efficacia degli oppiacei e non conoscono i rischi e l'elevato tasso di mortalità correlato (4 consumatori su 5 non ne sono coscienti)



Come se non bastasse, 4 persone su 5 che fanno uso di eroina provengono da un abuso di farmaci oppiacei.³

Cosa fare dunque, nel momento in cui si dovesse assumere un farmaco oppiaceo?(¹)
1- assumere il farmaco per il minor tempo possibile e alla minore dose possibile.
2- comprendere i rischi dell'assunzione, specialmente rispetto al rischio di assuefazione e dipendenza
3- non "prestare" mai il farmaco ad amici e parenti
4- non conservarlo per lunghi periodi
5- chiudere il farmaco in un luogo sicuro, per evitare l'abuso da parte di altri, specialmente bambini
6- chiedere al proprio dottore di possibili alternative

Rispetto alle alternative che abbiamo oggi a disposizione (2016), è comprovata la notevole efficacia della combinazione di sostanze non steroidee, ibuprofene e paracetamolo(⁴) (Se ne era anche già parlato su 5LB Magazine).
Sulla base delle evidenze prodotte dalle revisioni Cochrane, il National Safety Council suggerisce la buona pratica:

"L'intensità del dolore non dovrebbe essere considerata nella scelta di un trattamento. Quando non ci sono controindicazioni, dovrebbero essere scelti prima di tutto l'ibuprofene combinato con il paracetamolo.
Se assolutamente necessario, un oppiaceo potrebbe essere usato per alcuni giorni immediatamente dopo un intervento chirurgico o un trauma. Se il paziente continua a chiedere oppiacei dopo quel periodo, si dovrebbe rivalutare la causa della richiesta: se ci sono complicazioni causate dal dolore o se la richiesta deriva da cause emotive e psicologiche".

L'oppiaceo può essere quindi utile nei casi di emergenza ma solo per periodi molto brevi, e comunque esistono alternative estremamente valide e con ridotti effetti collaterali.(⁶)

L'abuso della prescrizione è oggi certamente l'ostacolo più grande(⁵), ed è quindi una questione che ricade primariamente nel campo dell'educazione e dell'aggiornamento del personale medico, ma in generale si tratta di una progressiva integrazione di conoscenze, prassi e consuetudini sociali.

In questa fase di transizione, nei panni di "utenti attivi" permettiamoci di acquisire le informazioni disponibili per aiutarci a fare scelte consapevoli insieme al nostro medico.
E il caso tragico di Prince, che è solo uno dei tanti che avvengono ogni giorno, resti un riferimento a memoria del fatto che possiamo divenire responsabili delle nostre azioni, prestando maggiore attenzione e tempo per occuparci personalmente della nostra salute.


Esempi di oppioidi e derivati contenuti nei medicinali:
Morfina, ossicodone, idrocodone,  idromorfone, fentanyl, metadone, codeina.

Fonti e riferimenti:
¹ National Safety Council sui dati americani e le proposte al pubblico
² National Safety Council sugli effetti fisiologici
³ National Safety Council su dati Cochrane
⁵ CDC su sovra-trattamento e prescrizioni
⁶ NSC sull'uso pre-chirurgico
⁴ Farmaci alternativi su evidenze di efficacia Cochrane:
Derry, C., & Derry, S. (2009). Single dose oral naproxen and naproxen sodium for acute postoperative pain in adults. … Database Syst Rev, (11). Retrieved from http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/14651858.CD004234.pub3/pdf/standard 
Derry, C., Derry, S., & Moore, R. (2013). Single dose oral ibuprofen plus paracetamol ( acetaminophen ) for acute postoperative pain ( Review ). Cochrane Database of Systemic Reviews, (6). doi:10.1002/14651858.CD010210.pub2 
Gaskell, H., Derry, S., Moore, R., & McQuay, H. (2009). Single dose oral oxycodone and oxycodone plus paracetamol ( acetaminophen ) for acute postoperative pain in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews, (3). doi:10.1002/14651858.CD002763.pub2 
Holdgate, A., & Pollock, T. (2004). Nonsteroidal anti-inflammatory drugs ( NSAIDs ) versus opioids for acute renal colic. Cochrane Database of Systemic Reviews, (1), Art. No.: CD004137. doi:10.1002/14651858.CD004137.pub3 
Moore, P. A. (2013). Combining ibuprofen and acetaminophen for acute pain management after third-molar extractions. Journal of the American Dental Association, 144(8), 898–908.

Le cose a cui credi possono farti ammalare - il sensazionalismo mediatico

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Questa notizia del 2013 fu una di quelle che diede benzina alla creazione di questo sito:

Effetto nocebo: le brutte notizie fanno male alla salute
Uno studio tedesco afferma che le notizie shock possono far ammalare così come succede quando si legge il bugiardino dei farmaci e si provano i sintomi segnalati come effetti collaterali. 
Fonte
Approfondimento su ScienceDaily 
Lo studio originale pubblicato sul Journal of Psychosomatic Research

L'effetto nocebo fu inizialmente identificato negli studi clinici, quando alcune persone manifestavano effetti collaterali e sintomi in seguito all'assunzione di un placebo, cioè di una sostanza senza alcun principio attivo reale, ma che la persona era indotta a credere di averne.
Gli studi effettuati sull'effetto nocebo - del tipo "vediamo quanto ti nuoce qualcosa" - sono ancora più rari di quelli sull'effetto placebo, per evidenti motivi etici: quando se ne trovano sono allora molto interessanti.

In questo semplice esperimento si è voluto far emergere il ruolo della percezione nei disturbi noti come "ipersensibilità elettromagnetica" o "elettrosensibilità".
Chi è "sensibile ai campi elettromagnetici" accusa sintomi come mal di testa, nausea, vertigini, formicolii.
In queste condizioni alcuni smettono di lavorare, si isolano socialmente e, a volte, stravolgono la propria vita trasferendosi in luoghi lontani dalle fonti elettromagnetiche.

Ad un gruppo di circa 70 persone è stato fatto vedere un documentario televisivo della BBC, sui rischi per la salute associati all'esposizione ai campi elettromagnetici.
Ad un altro gruppo di circa 70 persone è stato mostrato un documentario sulla sicurezza dei dati in internet e nei telefoni cellulari.
In seguito a tutti i partecipanti è stato detto che l'ambiente in cui si trovavano era saturo di radiazioni di segnali WIFI (esposti per 15 minuti). Ma non era vero.
Nonostante nessuno fosse esposto a particolari campi elettromagnetici, il documentario sulla salute ha aumentato la sensibilità: il 54% dei soggetti ha sperimentato agitazione e ansia, perdita di concentrazione o formicolii alle dita, braccia e gambe.
2 partecipanti hanno abbandonato lo studio prematuramente perchè i loro sintomi erano così forti che non volevano più subire la finta irradiazione.
Risultava evidente che i soggetti più sensibili fossero quelli che avevano già precedentemente forti preoccupazioni sull'argomento.

La ricerca ha messo in risalto l'effetto significativo che il sensazionalismo mediatico, spesso senza fondamento scientifico, può avere concretamente sulla salute di un'ampia parte di popolazione.

È infatti frequente che i media riportino notizie allarmanti sui rischi dell'esposizione ai campi elettromagnetici, che siano quelli dei dispositivi elettronici (telefonini, computer), o che siano quelli dei sistemi di trasporto dell'energia elettrica (i tralicci).
Ma è chiaro che qualsiasi argomento venga vissuto come una minaccia per la salute, può imprimere un effetto nocebo significativo.
I media sono allora coscienti del carico di responsabilità? E la questione diventa molto importante per qualsiasi autorità abbia un potere di suggestione, sia nel campo della salute che di ogni altro settore della comunicazione.

Nel mondo delle 5 Leggi Biologiche un tale fenomeno percettivo appare scontato. 
Tuttavia non parliamo in termini di "suggestione", o di un "condizionamento mentale" che grazie al "potere della mente" si rifletterebbe nel corpo: si tratta invece di una semplice, ordinaria e sensata reazione biologica ad un pericolo, in seguito ad una percezione biologica soggettiva (che in passato sia stata già corroborata da un fatto concreto, così da generare un binario).

La vendita delle informazioni, è più che certo, influenza quotidianamente le abitudini delle persone, i loro comportamenti e la loro salute.
Citando questo altro articolo sui "pericoli della sovra-vendita della scienza", gli scienziati dovrebbero avere più cura nel riportare i loro risultati, i giornali dovrebbero smettere di fare sensazionalismo [e invece basarsi sulle evidenze], e alle persone dovrebbe essere insegnato il pensiero critico, specialmente in un periodo in cui tutti abbiamo un improvviso e libero accesso a strumenti che producono e forniscono informazioni illimitate.

Se adesso, consapevoli dei meccanismi percettivi nelle reazioni biologiche dell'organismo, pensiamo ai più famosi casi mediatici che coinvolgono vaste aree urbane nei pressi di complessi industriali, o pensiamo ai clamorosi casi che riguardano le fabbriche di amianto, o pensiamo ai "condomìni dei tumori" che vivono a breve distanza dai tralicci dell'alta tensione...possiamo immaginare quale peso possa avere sulla popolazione, in questi contesti, anche l'effetto nocebo veicolato nella comunicazione e nelle credenze.
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